Teatro

Sacrifico e sacralità per l'asciutta visionarietà di Ismael Ivo

Sacrifico e sacralità per l'asciutta visionarietà di Ismael Ivo

È uno spettacolo vibrante, intenso ed emotivo il nuovo lavoro del coreografo brasiliano Ismael Ivo; “Scrificium, victmis of musical sensualità” riesce in pochi minuti a catturare nell’elasticità di corpi danzanti tutto il dramma di un sacrificio assoluto, comunicandone la reale sofferenza, lasciando esplodere l’evidente brutalità di una rinuncia forzata. La performance, posta come prologo de “Le Sacre du Printemps”, è un vero e proprio studio dialogico sul corpo ispirato alla ricerca della cantante lirica Cecilia Bartoli sulle “voci bianche” del 700 napoletano; sette danzatori inscenano nella suggestiva cornice del Real Albergo dei Poveri, un dialogo muto tra corpo e spirito, sottolineando con scarna e brutale essenzialità il dramma del sacrificare la propria sessualità in nome della musica e del bel canto. I castrati, uomini mutilati della propria identità, risultano come soffocati nella loro stessa essenza vitale, condannati alla perenne ricerca di un equilibrio perduto. La coreografia scarna ed essenziale è un vero tripudio della fisicità colta nella sua elastica vitalità e in una perenne e agonizzante ricerca di una metà perduta. Nulla è lasciato al caso, dalle scelte scenografiche simboliche ed evocative allo stile lineare e puro nel contemporaneo delle legazioni; tra luci e ombre, armonia e caos, “Sacrificium” rappresenta un dramma in tutta la sua verità, riuscendo a toccare le più impalpabili corde dell’animo attraverso il linguaggio muto e fisico della danza. Altrettanto suggestivo nella sua sensibilità artistica risulta “Le Sacre du Printemps”, vero e proprio inno alla Magna Grecia e  all’identità culturale mediterranea; ispirato al “mito della Primavera”, già trasformato in coreografia  ali inizi del 900 da Nijinskij e Djagilev, la coreografia si presenta come un nuovo rito dionisiaco in grado di celebrare le origini campane dei danzatori sulle note stridenti e geniali di Stravinskij. Frutto di un “esperimento creativo” che ha coinvolto 14 ballerini campani selezionati per entrare a far parte della compagnia “Les Danseurs Napolitains”, il lavoro di Ivo mira a riprodurre attraverso suoni del Vesuvio, registrazioni del ronzio degli insetti o del gorgoglio della Solfatara, tutta la vitaità frenetica a tratti quasi infernale della primavera colta nei suoi multiformi aspetti. Come ninfe e fauni ebbri di vita i danzatori riproducono il caos ordinato della natura ferina e selvaggia, aspra e tuttavia armoniosa colta nella sua cruda essenza. Tra classico, neoclassico e contemporaneo la coreografia si snoda su vari piani, sfruttando quinte del fondale, discese, gradinate e proscenio; sotto un’incessante cascata di petali di rose i danzatori incarnano la natura stessa e il delicato equilibrio del rapporto uomo-natura. Anche il peccato originale evocato dal morso della mela, trova spazio in questo quadro danzante dove tra erotismo e bestialità, l’equilibrio perenne della natura lotta contro l’intervento umano.